Castellitto è 'Il falsario' che scrisse il finto comunicato Moro

upday.com 5 godzin temu
Pietro Castellitto e il cast del film "Il Falsario" alla Festa del Cinema di Roma (Immagine simbolica) (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images) Getty Images

Pietro Castellitto veste i panni del falsario Antonio Chichiarelli in «Il falsario» di Stefano Lodovichi, presentato alla Festa del Cinema di Roma. Il film, che arriverà su Netflix il 23 gennaio, racconta la storia «falsamente ispirata» di Toni della Duchessa, artista e truffatore della Roma degli anni '70 e '80.

Il protagonista aveva rapporti con le Brigate Rosse, i neofascisti e la Banda della Magliana. Come racconta Il Messaggero, il film prende libertà creative rispetto alla biografia reale, trasformando Chichiarelli in una metafora di quegli anni turbolenti.

Il falsario del caso Moro

Chichiarelli scrisse il falso comunicato numero 7 delle Brigate Rosse, quello del lago della Duchessa, durante il sequestro Aldo Moro. «Nel processo Ter sul caso Moro si accertò che fu lui a redigere il falso comunicato», spiega Castellitto. «Ha anticipato i temi, era una fake news il comunicato».

Il Corriere conferma che Chichiarelli fu avvicinato dai servizi segreti deviati e morì tragicamente nel 1984. Solo dopo la sua morte si mise a fuoco il suo ruolo negli eventi storici.

L'artista e il ladro

«L'essere umano più vicino al criminale è l'artista», riflette Castellitto sul personaggio. Nel film, la fidanzata gallerista Giulia Michelini gli chiede: «Sei un ladro o un artista?». E lui risponde: «Perché, che differenza fa?».

Chichiarelli eccelleva nel disegno ma aveva scarso rendimento scolastico. Apriva cassaforti, ritoccava passaporti, truffava e riproduceva quadri identici agli originali. «Avrebbe voluto fare il pittore e si ritrova falsario», osserva l'attore.

Roma e la grande storia

Il film cattura la vitalità degli anni '70, quando «i ragazzi prendevano per mano la loro vita e c'era la sensazione che potessero fare qualsiasi cosa». Come nota Il Fatto Quotidiano, l'opera supera la mediocrità del cinema contemporaneo attraverso la contaminazione di generi.

La storia si snoda in una Roma che «attrae e trattiene, ammalia e avvolge». Dietro c'è la Grande Storia che si ferma in via Caetani nel 1978, dove fu trovato il corpo di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4.

Fonti utilizzate: "AGI", "Il Messaggero", "Corriere", "Il Fatto Quotidiano"

Nota: Questo articolo è stato modificato con l'aiuto dell'Intelligenza Artificiale.

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